L'edificio era stato convento dei Gesuiti e divenne proprietà della famiglia Saffi nel 1740, acquistato da Tommaso, bisnonno di Aurelio, che ne fece la residenza di villeggiatura. Aurelio Saffi vi si stabilì nel 1867 reduce dalle dimissioni dal parlamento italiano, con la moglie Giorgina Craufurd. La Villa fa parte del circuito Case Museo dei poeti e degli scrittori di Romagna e conserva arredi d'epoca, la libreria e cimeli di straordinario interesse, anche di Mazzini, che vi fu ospite in diverse occasioni. La Villa è circondata da un parco di platani, cipressi, magnolie, querce e lauri e con un maestoso cedro del Libano caro ad Aurelio Saffi. Il parco occupa una superficie di quasi 10.000 mq. I progettisti del tempo per la realizzazione del parco si sono ispirati, molto probabilmente, alla tipologia di “giardino all'inglese”, infatti, il parco è costituito da aree prative e vedute ampie verso gruppi isolati di alberi, questi ultimi prendono l'aspetto di un boschetto “naturale”, rendendo il paesaggio ancora più grande. Nel parco si ritrovano numerosi esemplari arborei in armonia con essenze arbustive. Probabilmente tale assetto deriva da scelte di tipo manutentivo che in quei decenni erano molto in “voga”, in quanto permettevano ai signori un notevole risparmio economico. Il giardino all'inglese dava la possibilità, infatti, di una facile manutenzione e quindi scarsa necessità di giardinieri, rispetto ai giardini all'italiana o alla francese.
Per la realizzazione del boschetto sono state sapientemente utilizzate sia specie botaniche caratteristiche della macchia mediterranea sia specie esotiche. Tra gli esemplari arborei presenti va citato un cedro del Libano che svetta maestoso, sul lato sud-est della villa. Si ipotizza che l'età del cedro del Libano (albero secolare) risalga al periodo di vita del patriota Aurelio. Vi sono inoltre: tigli, cedri dell'Atlante, bagolari, querce, platani, ippocastani, cipressi, e sequoie sempreverdi In un punto particolarmente fresco ed ombreggiato dagli alberi venne edificata una piccola “grotta” sotterranea in funzione di neviera (per disporre di ghiaccio d’estate).
La Villa, nome in codice Vendita dell’Amaranto, fu la sede di riunioni segrete dei carbonari.
All'interno dell'immobile, inoltre, non si dimentichi la testimonianza lasciata da un artista contemporaneo, Amerigo Bartoli Natinguerra (Terni, 1890-Roma, 1971), che nel 1937 dipinse a trompe-l'oeil la cosiddetta stanza del ping-pong. Con un sapiente gioco di illusioni egli “sfonda” la parete e proietta lo spettatore su una balconata gremita di fiori e affacciata su un ridente paesaggio costiero. E mentre si osserva tutto ciò, si è affiancati da un altrettanto illusorio pescatore, con camicia di lino grezzo, cappello di paglia in testa e appoggiato allo stipite della porta.
Nel 1988 la villa viene acquistata dal Comune di Forlì, oramai spettro e vestigia dell’epoca risorgimentale, e riportata all’attenzione del pubblico con accurate ricerche e nuove scoperte: la raccolta minuziosa dei carteggi e delle testimonianze documentarie vengono accolte nel Fondo speciale Aurelio Saffi, presso la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Tra di essi sono spuntati dei fogli contenenti ricette, databili tra gli anni ‘70 ed ‘80 del secolo scorso. Analisi attribuzionistiche hanno permesso di ricondurre gli scritti alla governante Anna Amadori Lotti, domestica che servì, a partire dal 1970, gli eredi della famiglia Saffi. Questo ci ha permesso di comprendere la storia della villa anche dal punto di vista culinario di chi l’ha abitata.
Attualmente chiusa al pubblico per lavori di ristrutturazione, la grande casa immersa nel verde delle campagne poco fuori Forlì, attira ancora per la sua veneranda storia, per la sua antica bellezza e per il suo indiscutibile valore ed interesse culturale.